288.
LE STOPPIE BRUCIATE-I
L'odore delle stoppie bruciate
mi fà impazzire!
Incensi indici e cingallesi,
le spezie ed il fieno greco,
il belsuino che prufuma
dalla pippa del narghilè...
Le stoppie bruciate mi fanno impazzire!
Rievocazione sconsolata,
ed un pò irata,
di tempi,
e luoghi lontani.
''Perchè non vivo più,
a contatto con la terra,
con la terra in festa,
la festa degli odori''.
Il mio lavoro,
è comunque ancora benedetto!
Se ogni tanto posso nasare
arderecce paglie e scope,
vedere le fronde sugli alberi
ed il vento sentire entrare,
non posso non pensare,
non posso non poetare.
( Maggio 2000 )
289.
LE STOPPIE BRUCIATE-II
C'erano bambini,
vestiti di poco,
le case umili,
e c'ero io,
bambino.
Eravamo girovaghi,
non siamo più,
è finito tutto,
il vecchierello è quasi morto,
ho più di trent'anni.
Vicino,
in mezzo ai nostri carri,
ai carrozzoni,
contadini inurbati,
là vicino bruciano stoppie secche.
Ora risento l'odore,
lontano,
ma non vedo nulla,
che mi rimembri quei posti,
quei luoghi;
la moglie del vecchierello,
dal riso sarcastico,
silvano,
la vitalità immane,
del popolo latino,
ma senza retorica,
il cielo coperto,
e l'odore che sento,
(ancora persiste!),
è solamente un ricordo,
ma qui,
oggi nulla mi esalta...
Dove sono i volti semplici,
della mia gente;
''colleghi'',
termine odioso;
la mia gente,
dico...
...Non c'è quasi più...
E non tacciatemi di razzismo,
gli altri erano la minoranza:
pittoreschi anche loro,
vitali e semplici,
oggi sono come noi,
glaciali e perciò,
innaturali...
Poesia,
non abbandonarmi mai,
solo tu resti,
solo tu m'aiuti,
a non perdere,
definitivamente,
le mie radici,
che erano radici
incredibilmente terragne...
Da tanti anni ormai,
non sento più,
l'odore dell'olio
in borghi di provincia,
del vinoso nelle cantine
e nelle osterie,
di anziani fumatori di
tabacchi nazionali forti...
Il profumo delle stoppie brucianti,
si è dissolto,
vedo solo la realtà uniforme,
la piatta modernità urbana senza olezzi,
se non rumori,tristi,
di automobili e
televisori...
Ho una strana voglia...
...di piangere...
( Maggio 2000 )
Amici di Tabacco da Fiuto, se proprio non avete di meglio da
fare in questo scorcio piovoso d'estate, sciroppatevi queste
mie tre poesie, di cui questa è decisamente la piu'
inquietante.
Ne postero' altre, statene certi, per la delizia dei
professori di Letteratura e dei muezzin della
Grammatica
.
342.
L'ANACONDA VERDE
Filava fra le bassure della foresta
l'anaconda verde dal dorso di vetro,
c'era un uomo sulle rive del fiume
stritolagli l'anima,nulla resta.
C'era un Cristo con tre occhi,
ed una spada di pane raffermo,
aveva capelli lunghi ma neri
dodici piccoli smeraldi sulla fronte.
Lo seguivano cento ragazzine
nude,dalle mostosine precoci
ed anche senza vesti erano pie
poichè senza peccato era quel luogo.
Al centro c'ero io,sopra una palma
mangiavo datteri e cocco
ma non ero il Re,
nessuno mi odiava.
E nessuno si dava,
non valevo nulla,
ed avevo però molti amici:
i miei tanti stati d'animo antichi.
Sarà festa per sette anni,
e scanneremo un aquila ogni
sette giorni per sette mesi
e per sette settimane canteremo.
Un bimbo dallo sguardo ferito,
dal volto immacolato,
dalla voce india,
mi guardò severissimo: stigmate alle sue mani.
Mi vergognai d'esser chi sono,
ma lì io non ero io,
'Jerusalem,Jerusalem'' cantavano
tanti ragazzi vicino a meh.
D'improvviso,un vecchio calvo,
si sveglia irato,
gridando frasi sconnesse in giudaico,
forse sefardita,certo furioso.
Mio zio Shalakmaròn,
per un eccesso di vizi crepò,
pelle scura,denti mancanti,
sorte peggiore non potè meritare.
Strillò incessantemente,
per sei giorni fangosi,
alla fine l'anaconda verde
gli morse il pollice destro.
Prima di tornare
tornare nella tomba
decretò la fine del tempo.
Del primo tempo di Pisa-Foggia.
( Settembre 2000 )